Il “culto della personalità” dei leader è stata un grosso fardello attorno al collo del movimento comunista!

Stalin si oppose a questo “culto” che raggiunse proporzioni disgustose, ma non fu in grado di porvi termine, e, alla fine, vi si adeguò. Stalin sapeva quanto in realtà fosse dannoso e avrebbe dovuto opporsi più fermamente. All’inizio Mao Tse-tung vi si oppose, ma in seguito cambiò idea e lo incoraggiò. I culti di Stalin e di Mao sono stati usati dai disonesti per coprire le proprie divergenze politiche. I culti della personalità furono un vero disastro. Per tutta la sua vita Trotsky ha alimentato attorno a se un “culto” di adulazione, e i gruppi trotskyisti conservano ancora un “culto” attorno a Trotsky: ne citano costantemente i lavori come se offrissero risposte eternamente valide alle questioni relative alla costruzione del comunismo, e non lo criticano mai. Penso ci siano buone prove che in URSS il “culto” di Stalin venne promosso principalmente dalle opposizioni dentro il Partito stesso, penso a gente come Bukharin e Radek, ma fu in grado di crescere in parte perché tutti i leader bolscevichi costruirono un “culto” di Lenin dopo la sua morte, avvenuta nel Gennaio 1924. Lenin era brillante e tutti i bolscevichi guardavano a lui come ad un modello di leadership. Quando Lenin se ne andò, volevano, anzi, avevano bisogno di credere che Stalin sarebbe riuscito a capire “la giusta via” per costruire il socialismo e, in seguito, il comunismo nelle condizioni date in URSS.

Lenin stesso aveva assunto un atteggiamento simile nei confronti di Marx e di Engels. Una delle grandi conquiste di Lenin, era di salvare Marx dai tentativi da parte dei socialdemocratici tedeschi di farne un filosofo “riformista”, invece di un rivoluzionario anticapitalista. Ma nel far questo Lenin sosteneva che gli scritti di Marx non contenevano contraddizioni, mentre, naturalmente, c’erano passaggi a cui i socialdemocratici tedeschi ed i menscevichi russi si attaccavano per difendere la loro linea politica ed economico-deterministica riformista. Così c’era qualcosa di nuovo nella storia dei “culti” nel movimento marxista: quelli attorno a Stalin, e a Trotsky tra i suoi seguaci, erano nuovi, perché i leader oggetto del culto erano ancora in vita.Visto che i bolscevichi furono i primi, forse potevano avere qualche scusante per gli errori che fecero o, nel caso del “culto” attorno a Stalin, tollerarono. Ma, certamente, oggi non ci possono essere scuse. Data l’esperienza con i “culti” dei “grandi leader”, è chiaro che sono negativi.

I comunisti devono essere modesti, dediti completamente al proprio ideale e instancabili lavoratori. Marx, Engels, Lenin, e Stalin erano realmente così! Ma la miglior leadership del mondo può essere messa a repentaglio dal “culto”.Incidentalmente il termine russo “культ личности (kul’t lichnosti)”, generalmente tradotto come “culto della personalità”, potrebbe essere tradotto meglio come “culto del grande uomo”. Dopo il “Rapporto segreto” di Khrushchev, in URSS iniziò a circolare “Был кул’т, но был и личност (Byl kul’t, no byl i lichnost)”, un modo di dire che pressapoco significa “Sì c’era un culto, ma c’era anche un grande uomo”. Stalin era un grande uomo, e così Mao Tse-tung. Diedero un grande contributo alle conquiste fatte dalle classi operaie sovietica e cinese. Eppure i “culti” attorno a loro erano molto dannosi! Che cosa si può dire sui “culti” attorno ai leader che hanno dato un così grande contributo? I “culti” attorno a queste grandi figure sono stati negativi. Questo dovrebbe convincerci della necessità di essere modesti se non ne fossimo già convinti in anticipo! Come lo scherzo del vecchio proverbio, “Dobbiamo essere un sacco modesti!” Intervista a Grover Furr

Sin dal famoso e controverso “discorso segreto” di Kruscev al XX congresso del PC dell’Unione Sovietica nel 1956, un rimprovero assai noto mosso a Stalin è che egli avrebbe iniziato e imposto al partito un “culto della personalità” votato a lui stesso.
Non si può certo negare che circolassero in Unione Sovietica idealizzazioni e lodi a Stalin ridicolmente esagerate, come pure valutazioni troppo grandi e formali dei suoi meriti e della sua persona, che non di rado sfioravano la retorica.

Tuttavia Stalin era nemico di ogni forma di culto della personalità, e combattè sempre con insistenza l’idealizzazione di singoli individui.
« Lenin ci insegna che possono essere grandi dirigenti bolscevichi solo coloro che sanno sia insegnare agli operai e ai contadini, sia imparare da loro » (Stalin, “Domande sul leninismo”, 1939, da noi tradotto a partire dall’edizione tedesca).
Egli ha parlato in modo molto autocritico del proprio lavoro e dei propri errori (vedi Opere di Stalin, Tomo I, la Prefazione dell’autore), combattendo esagerazioni e adulazioni.

Così, in una lettera del 16 febbraio 1938 indizzata alle edizioni “Djestisdat” (Edizioni del libro per bambini) accanto al Komsol, Stalin, interpellato in proposito, si oppose alla pubblicazione di un libro dedicato alla sua persona. Ecco il testo della lettera:
« Mi oppongo energicamente alla pubblicazione del “Racconto sull’infanzia di Stalin”. Questo libro contiene innumerevoli affermazioni che non corrispondono ai fatti, deformazioni, esagerazioni e lodi immeritate. Gli autori finiscono per confondere i lettori, sono bugiardi (seppur, forse, in buona fede) e adulatori. So che queste considerazioni risulteranno dolorose per loro, ma un fatto resta un fatto. E non è questo il punto il più importante. Il punto il più importante è che il libro tende ad instillare nella coscienza dei bambini sovietici (e degli uomini in generale) il culto della personalità, il culto del dirigente, il culto degli eroi che non sbagliano mai. Ciò è pericoloso e nocivo. La teoria degli “eroi” e della “massa” non è una teoria bolscevica, ma una teoria dei socialdemocratici. Gli eroi danno risalto al popolo, lo trasformano da una massa in un popolo – affermano i socialdemocratici. È il popolo a dare risalto agli eroi – rispondono i bolscevichi ai socialdemocratici. Ogni libro di questo tipo aiuterà il lavoro dei socialdemocratici, e danneggerà l’insieme del nostro lavoro bolscevico. » (La lettera di Stalin, pubblicata nel 1953 nel “Voprosy istorij” (Domande della storia) N°11, è citata e tradotta da noi sulla base di J.W.Stalin, Werke, Erganzungsband 1929-1952, Berlino)

Stalin disapprovava comportamenti e atteggiamenti di sottomissione nei confronti della sua persona (così come nei confronti di ogni uomo) considerandoli cosa inutile, retorica intellettuale e non comunista. « Lei parla della sua “devozione” alla mia persona. Forse queste parole le sono sfuggite per caso. Forse. Se non è così, allora le consiglio di sradicare il principio stesso della “devozione” nei confronti delle persone, perché ciò non ha nulla a che vedere con il pensiero bolscevico». (Stalin, Lettera al compagno Schatunowski, 1930, tradotto da noi sulla base di Werke, Band 13, p. 17)

Anni dopo, nel 1946, egli scriverà al colonnello dell’Armata Rossa professor dr. Rasin, che aveva lodato con esaltazione l’operato di Stalin nel respingere gli attacchi della Wermacht nazista all’Unione Sovietica: « Persino l’orecchio è ferito per le lodi a Stalin, è semplicemente penoso leggerle. » (Stalin, risposta, 23 Febbraio 1946, pubblicata nel “Neue Welt”, quaderno 7, aprile 1947, p.23-25, tradotto da noi sulla base di Werke, Band 15, p.58)  Stalin, un nemico del culto della personalità