Tra i simboli della Resistenza al Regime Fascista c’è sicuramente Bruno Neri, il calciatore partigiano che con il suo gesto mostrò tutto il suo disprezzo per la dittatura di Benito Mussolini.

Bruno Neri vestiva la maglia della Fiorentina. Ancora oggi, lo ricordano come il “calciatore partigiano”. Per via di quella sua militanza antifascista che lo portò, una volta scoppiata la guerra, a decidere di imbracciare perfino le armi.

Ma il gesto che entrerà per sempre negli almanacchi della storia del calcio, accadrà in un giorno del 1931. Quando a Firenze si deve inaugurare il nuovo stadio progettato dall’architetto Pier Luigi Nervi. Un impianto voluto direttamente dal Duce, che infatti sarà progettato a forma di lettera “D”.  Si sarebbe chiamato “Giovanni Berta”, in onore del celebre squadrista fiorentino. Per poi negli anni successivi, diventare dapprima lo “Stadio Comunale” e poi successivamente (come si chiama oggi) “Artemio Franchi”.

La partita inaugurale è prevista il 13 settembre del 1931. Quel giorno è infatti in programma la sfida tra la squadra di casa la Fiorentina e la compagine austriaca dell’Admira Vienna. Sugli spalti gli spettatori presenti sono 12 mila. Lo stadio può contenerne molti di più ma i lavori non sono ancora stati terminati. Prima del fischio di inizio è previsto (come di norma) il saluto alle autorità presenti in tribuna. Per l’occasione, quel giorno, allo stadio “Berta” ci sono anche il podestà fiorentino Della Gherardesca e altri gerarchi fascisti . Quando l’arbitro fischia, i giocatori della Fiorentina sollevano il braccio destro per omaggiare i rappresentanti del regimeTutti meno che uno. Lui, Bruno Neri il quale sarà l’unico di quella formazione a non rivolgere verso le autorità il consueto “saluto romano” . Nonostante sia ancora un calciatore,  Bruno Neri è già un convinto antifascista. Il quale, molti anni più tardi, dopo l’armistizio di Cassibile nel 1943, deciderà di arruolarsi nella Resistenza partigiana. Assumendo il ruolo di comandante del Battaglione Ravenna, con il nome di battaglia “Berni”.

La guerra, tuttavia, non gli impedisce di continuare a giocare a pallone. Con la maglia del Faenza, nel 1944, partecipa infatti al campionato Alta Italia. Sarà quello, l’ultimo campionato della sua vita. Morirà infatti, il 10 luglio del 1944 dopo uno scontro a fuoco con i soldati tedeschi avvenuto ad Eremo di Gamogna, sulle montagne dell’Appenino tosco-Romagnolo. Da quel giorno, Bruno Neri detto “Berni” diventerà per tutti il calciatore partigiano.

Così riassume la sua adesione alla lotta partigiana lo storico Sergio Giuntini:
Tramite il cugino Virgilio Neri, aderì all’«Organizzazione Resistenza Italiana» (ORI): un movimento che, sotto la spinta precipua dell’«azionista» Raimondo Craveri, si era costuito il 15 novembre 1943. In stretta connessione con l’OSS (Office of Strategic Service) americano e il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), l’ORI si poneva il compito di raccogliere informazioni e svolgere azioni di sabotaggio a favore dei resistenti e, in questo contesto, sorse per l’appunto il Battaglione «Ravenna», la formazione partigiana di Neri. Il «Ravenna» doveva posizionarsi e agire nella zona compresa tra il campo d’azione del gruppo comandato dal leggendario – anch’egli a suo tempo calciatore del Faenza – Silvio Corbari (Tradozio-Modigliana-San Valentino) e la trentaseiesima Brigata «Bianconcini» (Vallata della Sintria e Monte Faggiola); insomma assolvere a un ruolo strategico e combattente oltremodo significativo a ridosso della Linea Gotica. Del Battaglione «Ravenna» Neri, che per nome di battaglia assunse quello di «Berni», divenne il vicecapo lasciandone il comando al più militarmente esperto Vittorio Bellenghi («Nico»), un ex ufficiale del Regio esercito nato a Faenza il 7 marzo 1916. Due compagni inseparabili, accomunati anche nel sacrificio estremo. In particolare, il «Ravenna» si segnalò nel recupero di vari aviolanci alleati. Una prima volta, il 10 giugno 1944, sul Monte Castellaccio, quindi in un’analoga operazione il 23 giugno successivo e, infine, preparandosi per un lancio previsto tra il 16 e il 20 luglio ’44 sul Monte Lavane. Giusto in vista di quest’azione, il 10 luglio 1944, all’Eremo di Gamogna in prossimità di Marradi, perderà eroicamente la vita il partigiano-calciatore.

Nel 1946 il consiglio comunale di Faenza gli intitolò lo stadio, ma negli anni la memoria del calciatore-partigiano non è andata perduta. Così recita la lapide, dedicatagli nel 1955 dalla sua città natale, Faenza: Bruno Neri comandante partigiano caduto in combattimento a Gamogna
il 10 luglio 1944, dopo aver primeggiato come atleta nelle sportive competizioni rivelò nell’azione clandestina prima, nella guerra guerreggiata poi, magnifiche virtù di combattente e di grande esempio e monito per le future generazioni

Bruno Neri, storia del calciatore partigiano che non si piegò al Fascismo

Il calcio tra fascismo e resistenza. la storia di bruno neri, da mediano a combattente antifascista.