“In qualsiasi nazione, in qualsiasi epoca, c’è almeno l’uno per cento dei cittadini ribelle a qualsiasi autorità. Ma qui fra un miliardo e duecento milioni di cinesi, l’uno per cento significa dodici milioni di ribelli sulle piazze.” (Deng Xiaoping)

Nella primavera del 1989 imponenti manifestazioni ebbero luogo a Pechino e in altre città del grande paese asiatico, che sembrava stesse per subire la sorte dei regimi comunisti dell’Est europeo. Dopo una fase assai prolungata di trattative e di tentativi di compromesso la crisi si concluse con la proclamazione della legge marziale e l’intervento dei carri armati a piazza Tienanmen. Qualche giorno dopo, il 9 giugno, Deng Xiaoping rendeva omaggio ai “martiri” della polizia e dell’esercito, ai morti e ai feriti, facendo dunque riferimento a scontri aspri e di ampia portata; sul versante opposto l’Occidente denunciava il massacro compiuto ai danni di dimostranti pacifici. A quale versione prestar fede?

Le Testimonianze

Il 12 novembre del 1989 il New York Times pubblica un lungo reportage, a firma del capo dell’ufficio del quotidiano a Pechino, che traccia la storia della vittoria della linea dura all’interno del Partito comunista cinese. Quando si passa alla cronaca degli scontri l’autore riporta come “non vi sia stato alcun massacro nella piazza Tienanmen, mentre uccisioni si segnalano altrove”. how the hardliners won, The New York Times

Sul Japan Times Gregory Clark, vice presidente della Akita International University ed ex funzionario per la Cina del Foreign Service australiano, ripropone altre testimonianze come quella del corrispondente della Reuters Graham Earnshaw, che ha trascorso nella piazza la notte tra il 3 e il 4 giugno, e che nelle sue memorie ha confermato come la maggior parte degli studenti avesse “lasciato pacificamente la piazza molto prima e che quelli rimasti sono stati convinti a fare altrettanto dai militari intervenuti”. Un racconto, questo, confermato anche dal dissidente cinese Xiaoping Li ora residente in Canada: “Alcune persone hanno parlato di 200 morti in piazza e altri hanno sostenuto che che il numero è stato di 2.000 morti. Ci sono state anche storie di carri armati che hanno investito studenti che cercavano di lasciare la piazza. Devo dire che non ho visto niente di tutto questo. Sono stato in piazza fino alle 6.30 del mattino”. Clark G., Birth of a massacre myth, The Japan Times

I rapporti pubblicati in questi anni nell’ambito del progetto Wikileaks e ripresi in esclusiva dal quotidiano britannico Telegraph. Secondo i cablogrammi riportati l’esercito cinese ha aperto sì il fuoco, ma non nella piazza. Tra i testimoni oculari è citato un diplomatico cileno che ha visto
“L’esercito entrare nella piazza e non ha osservato nessuno sparare sulla folla, anche se spari sporadici si erano sentiti ha detto che la maggior parte delle truppe entrate nella piazza erano effettivamente armate solo di armi anti-sommossa come manganelli e mazze di legno, sostenute alle spalle da soldati armati”, aggiungendo che “nessuno sparava sulla folla di studenti presso il monumento”. Infine, lo stesso diplomatico, riporta come, una volta raggiunto un accordo “gli studenti lasciavano la piazza dall’angolo sud-est stringendosi per mano e formando una colonna.” no bloodshed inside Tiananmen Square, cables claim, The Telegraph

Manifestazioni pacifiche?

Non solo è ripetuto il ricorso alla violenza, ma talvolta entrano in gioco armi sorprendenti:
Un fumo verde-giallastro si è levato improvvisamente da un’estremità del ponte. Proveniva da un’autoblindo guasto che ora costituiva esso stesso un blocco stradale. Gli auotoblindo e i carri armati che erano giunti per sgomberare la strada dai blocchi non hanno potuto fare altro che accodarsi alla testa del ponte. Improvvisamente è sopraggiunto di corsa un giovane, ha gettato qualcosa in un autoblindo ed è fuggito via. Alcuni secondi dopo lo stesso fumo verde-giallastro è stato visto fuoriuscire dal veicolo, mentre i soldati si trascinavano fuori e si distendevano a terra, in strada, tenendosi la gola agonizzanti. Qualcuno ha detto che avevano inalato gas venefico. Ma gli ufficiali e i soldati nonostante la rabbia sono riusciti a mantenere l’autocontrollo
Questi atti di guerra, col ricorso ripetuto ad armi vietate dalle convenzioni internazionali, si intrecciano con iniziative che danno ancora di più da pensare: viene «contraffatta la testata del “Quotidiano del popolo”».

Nei giorni successivi il carattere armato della rivolta diviene più evidente. Un dirigente di primissimo piano del partito comunista richiama l’attenzione su un fatto decisamente allarmante: «Gli insorti hanno catturato alcuni autoblindo e sopra vi hanno montato delle mitragliatrici, al solo scopo di esibirle». Si limiteranno ad una minacciosa esibizione? E, tuttavia, le disposizioni impartite all’esercito non subiscono un mutamento sostanziale: «Il Comando della legge marziale deve rendere chiaro a tutte le unità che è necessario aprire il fuoco solo in ultima istanza».

Sul versante opposto vediamo le direttive impartite dai dirigenti del partito comunista e del governo cinese alle forze militari incaricate della repressione: «Se dovesse capitare che le truppe subiscano percosse e maltrattamenti fino alla morte da parte della masse oscurantiste, o se dovessero subire l’attacco di elementi fuorilegge con spranghe, mattoni o bombe molotov, esse devono mantenere il controllo e difendersi senza usare le armi. I manganelli saranno le loro armi di autodifesa e le truppe non devono aprire il fuoco contro le masse. Le trasgressioni verranno prontamente punite» Tienanmen A. J. Nathan, Link 2001

Un mito d’ affrontare

L’uso distorto di materiale video ha contribuito notevolmente a sostenere il mito del massacro di Tienanmen. L’immagine cult di quelle giornate che è usata per simboleggiare la strage mostra un cittadino solitario con la borsa della spesa che ferma una fila di carri armati. La sequenza d’immagini non è presa a Piazza Tienanmen ma in un grande viale e dimostra che il carrista cerca di schivare il cittadino senza investirlo. Bene, questa sequenza viene di solito commentata come dimostrazione che i carri armati schiacciarono i rivoltosi. La televisione cinese ha mostrato l’intero video prima che il “Tank Man” scompaia nella folla e sebbene per l’Occidente questa immagine dimostri la feroce repressione dei militari cinesi nei confronti del loro stesso popolo, per il governo ciò mostra solo quanta moderazione abbia usato nei confronti dei rivoltosi. L’immagine è commentata anche da Li Peng nei Tienanmen papers, che appunto fornisce questa interpretazione: Abbiamo visto tutti le immagini del giovane uomo che blocca il carro armato. Il nostro carro armato ha ceduto il passo più e più volte, ma lui stava sempre lì in mezzo alla strada, e anche quando ha tentato di arrampicarsi su di esso i soldati si sono trattenuti e non gli hanno sparato. Questo la dice lunga! Se i militari avessero fatto fuoco, le ripercussioni sarebbero state molto diverse. I nostri soldati hanno eseguito alla perfezione gli ordini del Partito centrale. E’ stupefacente che siano riusciti a mantenere la calma in una situazione del genere! Tienanmen A. J. Nathan, Link 2001

Ora i fatti parlano da soli. Il clip dell’uomo tank è noto al pubblico occidentale come la “prova” della “soppressione” del movimento democratico da parte del governo cinese. Ancora una volta, è vero il contrario. Questo dimostra in realtà che non ci fu nessuna “repressione” indiscriminata. Se ci fosse stata una brutale repressione, quantomeno il manifestante sarebbe stato arrestato, se non addirittura ucciso. Tanto più il video è stato girato senza che i soldati dell’EPL lo sapessero. I soldati erano dunque dei brutali macellai senza cervello, come sono stati raffigurati dai media occidentali? I soldati hanno sparano indiscriminatamente? Questi fotogrammi dimostrano solo che l’esercito non aveva alcuna intenzione di uccidere i civili. I soldati si sono difesi solo quando sono stati attaccati dalla folla durante la sommossa. Sì, ci sono state vittime, ma solo perché i rivoltosi hanno attaccato l’esercito; diversi soldati sono stati brutalmente assassinati (un altro fatto che i media occidentali ignorano sempre). Infatti, spettatori innocenti sono stati uccisi come l’esercito ha cercato di difendersi nella confusione di quella fatidica notte. E’ stata una grande tragedia per la Cina, ma il suo utilizzo per demonizzare la Cina e l’esercito dimostra solo le cattive intenzioni dei media occidentali. Di fronte ad una provocazione, mentre erano in missione ufficiale, dopo una notte in cui furono aggrediti selvaggiamente dai rivoltosi, i soldati PLA si sono dimostrati disciplinati e rispettosi della vita. Chi è stato l’eroe qui? Il soldato o il manifestante. Secondo molti cinesi oggi queste scene dimostrano che l’Esercito fu Popolare e di Liberazione! In quanto si dimostrò leale con il popolo e pronto a liberare un’altra volta Tienanmen dai controrivoluzionari. Il giornalista d’inchiesta Wei Ling Chua sfata la rappresentazione mediatica di manifestanti disarmati e insiste fermamente sul fatto che la reazione dell’esercito fu estremamente contenuta agendo per legittima difesa. La dimostrazione è proprio il “tank man” Decostruendo l’uomo tank. Quando la storia diventa fiction

Possiamo concludere affermando che gli studenti in piazza e i manifestanti non erano soingenui difensori della democrazia. Il movimento fu infatti, fortemente appoggiato da Taiwan e dai servizi segreti occidentali che facevano capo ad Hong Kong . Si può addirittura affermare che si sperimentò allora lo schema della famigerate “rivoluzioni colorate”. L’esperto di geopolitica F. William Engdahl individua nel Colonnello Helvey che aveva operato in Birmania per  la Defense Intelligence Agency – Agenzia di Intelligence per  la Difesa colui che allenava gli “studenti” di Tienanmen. Egli aveva addestrato studenti cinesi ad Hong Kong alle tecniche delle dimostrazioni di massa che furono poi applicate a Pechino per poi diventare consulente del Falun Gong. Nella sua relazione all’Albert Einstein Institution del 2004 ammette di stare addestrando i separatisti tibetani . Secondo i dirigenti cinesi a quanto rivelano i Tienanmen papers l’uso da parte dei manifestanti di gas asfissianti o velenosi e soprattutto l’edizione-pirata del «Quotidiano del popolo» dimostrano che gli incidenti non siano una vicenda esclusivamente interna alla Cina Tienanmen A. J. Nathan, Link 2001

A Tiananmen ci fu un tentativo di rivoluzione colorata, si trattò di una turbolenza politica e il governo centrale prese le misure decisive e i militari presero le misure per fermarla e calmare il tumulto. Questa è la strada giusta. È la ragione della stabilità del Paese che è stata mantenuta