Stalin arriva a Pietroburgo dopo cinque giorni di viaggio il 12 marzo 1917, infatti, era stato confinato nelle sperdute regioni orientali dai tribunali dello zar perchè era ritenuto un pericolosissimo rivoluzionario bolscevico e la sua carriera politica confermava tali considerazioni. Subito si diresse nella sede di Palazzo Ksesinskaja, requisito dai bolscevichi a una ballerina nota per i favori concessi allo zar Nicola II, in compagnia di Kamenev richiesero di tornare alla testa del partito grazie alle alte credenziali di dirigenti leninisti. Ma il comitato bolscevico capitolino e la stessa “Pravda”, che oramai era pubblicato regolarmente e legalmente, sono sotto il controllo di Molotov e Sljapnikov. Sicuramente non rappresentavano delle figure eccelse, ma hanno acquisito tali cariche con il duro lavoro sul campo. Infatti, sono loro che organizzavano le riunioni, prendevano le prime decisioni, trovavano le sedi e i necessari finanziamenti; inoltre ricevevano precise direttive da Lenin ancora esiliato nella lontana Svizzera.

Quindi Stalin fu riammesso nel buro del partito ma con voto consultivo mentre Kamenev pote riprendere la collaborazione con la Pravda ma sotto la condizione che, i suoi articoli sottoposero a lettera preventiva da parte del comitato di redazione. Questi furono atti dovuti nei confronti di Stalin, per non urtare la suscettibilità di chi in loro assenza aveva portato avanti il partito, mentre a Kamenev non gli veniva perdonato il suo atteggiamento antileninista nel famoso processo inerente allo scoppio del primo conflitto mondiale.

Comunque dopo poco, grazie alla loro personalità questi rientrarono in possesso dei loro vecchi ruoli; in particolare Stalin estromise in virtù del grado che ricopriva, il comitato di redazione facente capo a Molotov, che non reagì (Stalin se ne ricorderà in futuro di questo favore). Quindi la Pravda cambiò ovviamente la propria linea politica con Kamenev più politico e con delle aperture al governo provvisorio, mentre Stalin rimaneva più cauto, premendo per la pace e non dimenticandosi mai da buon bolscevico, di proporre di distribuire le armi agli operai, in quanto unica classe in grado di opporsi ad eventuali golpe reazionari.

A questo punto una precisazione è d’obbligo, infatti, sia Stalin che Amene, sia pur con le debite sfumature, si stavano comportando da marxisti coerenti. La Rivoluzione di Febbraio era, secondo le classiche analisi ricavate dai testi marxisti, una rivoluzione democratico-borghese facendola arrivare al suo compimento. Di socialismo e di dittatura del proletariato si sarebbe parlato in seguito. Lenin al contrario non ne era convinto e fremeva per ritornare in patria, sicuro che il conflitto mondiale fosse l’anticamera di una rivoluzione mondiale, Consapevole che la borghesia liberale in Russia non esistesse pretese che il vuoto di potere venisse colmato dai bolscevichi. Nessuno, nel frattempo, dei governi dell’Intesa aiuta Lenin a ritornare in patria, poichè consapevoli che il suo ritorno in patria sarebbe stato controproducente per loro. Per ironia della sorte fu la Germania, che dall’inizio del conflitto stava uccidendo migliaia di russi, ad aiutare Lenin nella speranza che il rivoluzionario facesse uscire dal conflitto il gigante russo.

Il famoso treno arrivò a Pietrogrado il 3 aprile accolto immediatamente da Cheidze che in qualità di presidente del Soviet gli da il benvenuto, ma Lenin subito si rivolge alla folla presente infiammandola con un breve esplosivo comizio. Subito viene portato al palazzo Ksensinskaja, dove tenendo un discorso di due ore proclamò che non servivano ne una repubblica parlamentare, ne una democrazia borghese e che il potere sarebbe dovuto passare direttamente ai Soviet degli operai e dei soldati. I fatti poi, sembrarono dar ragione a Lenin, poichè gli operai strapparono da soli le otto ore lavorative al governo provvisorio; i soldati posero sotto tutela gli ufficiali e giunsero anche le prime notizie di espropri contadini ai danni dei latifondisti. Questa improvvisa e anomale accelerazione del processo storico, fece si che i numerosi praktiti convenissero sulle posizioni di Lenin; la lotta; l’azione rivoluzionaria; l’esclusivismo bolscevico pervasero tutti.

Dopo l’arrivo di Lenin si ebbe un impennata degli aderenti al partito tanto da toccare le 80 mila unità. Alla fine di aprile alla 1aconferenza panrussa dei bolscevichi solo Kamenev e Rykov, esponenti della destra, rimasero dubbiosi, mentre la totalità del partito accolse le tesi di Lenin. Durante la conferenza il “meraviglioso georgiano” ovvero Stalin (chiamato così da Lenin) espose le proprie questioni inerenti al tema delle nazionalità. Alle votazioni finali Stalin otterrà 97 voti, Zinoviev 101 e Lenin 104, questa votazione fu molto importante poichè la struttura del partito riconobbe a Stalin qualità politiche e organizzative.

A maggio il governo provvisorio cadde troppo legato ad ambienti conservatori della capitale ed i socialdemocratici entrarono nel governo, con Kerenski titolare del Ministero della Guerra; sempre a maggio rientrarono in Russia sia Martov, ideologo menscevico che Trotsky. Il primo Soviet panrusso portò delle cattive notizie, infatti i bolscevichi erano in minoranza rispetto ai menscevichi e ai socialrivoluzionari espressione delle masse contadine. Fatto positivo fu che il voto degli operai e dei settori più combattivi e politicizzati delle forze armate andarono appannaggio dei bolscevichi. Era un base solida su cui contare e lavorare.

I bolscevichi sotto la guida di Lenin lottarono contro il tempo per poter conquistare il potere, quando inaspettatamente Kerenski ordinò al generale Brussilov un attacco generalizzato per il 16 giugno, convinto che l’inattività avrebbe contribuito alla disgregazione dell’esercito. I tedeschi colsero subito l’occasione e contrattaccarono mettendo in fuga i reparti russi. I comandi militari pensarono quindi trarre, dall’enorme guarnigione posta a difesa della capitale i dovuti rinforzi per contrastare l’avanzata tedesca.

Ma oramai quei soldati passavano più tempo ai comizi che nei campi di addestramento e non essendo d’accordo con tale disposizione si riversarono in strada chiedendo aiuto agli operai. In fin dei conti, la rivoluzione riposa sulle loro baionette. Tra il 3 e il 4 luglio una massa disordinata di marinai affluì da Kronstadt nelle strade della capitale, protestando e urlando di non essere intenzionati di partire per il fornte. Ad essi si unirono moltissimi operai, sorpresi da questo spontaneo quanto disorganizzato movimento, i bolscevichi cercarono di indirizzare politicamente questa protesta, ma fallirono il loro obiettivo. Priva di capi, senza neanche un piano preciso la folla si disperse alla voce di un imminente arrivo di truppe filo governative. Sui bolscevichi si riversò la repressione del governo provvisorio e degli ambienti di destra. Si giunse addirittura ad accusare Lenin di agire per conto dei tedeschi, la Pravda e il palazzo Ksensinskaja furono assaltati e saccheggiati; Kamenev e Trotsky furono arrestati, Lenin e un terrorizzato Zinoniev furono salvati grazie all’abilità di Sverdlov e Stalin, che in quanto maestri dell’attività clandestina truccarono i due da ferrovieri facendoli scappare dalla capitale. Il movimento bolscevico era sul punto di scomparire, ma come avvenne in precedenza in periodi critici, toccò ai praktiti salvarlo.

Stalin subitò dimostrò il suo sangue freddo riuscendo con abili trattative a contrattare la resa dei soldati e dei marinai evitando loro punizioni e trasferimenti.

Quindi essendo la Pravda troppo compromessa come giornale, Stalin diede vita ad un nuovo organo di partito il “Il Rabotskij Put” dal quale l’esperto georgiano tiene unito ciò che rimane del partito. Da buon giornalista rincasava sempre alle prime luci dell’alba perchè impegnato in redazione. Fu questa un abitudine che non abbandonò più.

Il meglio di se lo raggiunse portando in porto, assieme a Sverdlov, il VI congresso in condizioni di semi clandestinità a cui parteciparono 276 delegati. Il governo in quei giorni aveva mostrato la sua natura “carceraria” e il Soviet in mano ai nemici dei bolscevichi quindi del popolo, non poteva essere considerato come punto di riferimento delle masse. Stalin seppe infondere ai delegati presenti la fiducia e la calma necessaria a far superare la crisi. Grazie alla sua profonda volontà unitaria riuscì a farsi eleggere tra i 27 membri del nuovo Comitato Centrale.

Nel frattempo Kerenski era divenuto presidente del governo provvisorio nominando il generale reazionario Kornilov alla guida dell’esercito. Dopo la presa di Riga-il 24 agosto- Kornilov chiese a Kerenski di poter avere direttamente sotto il suo comando la guarnigione della capitale. Subito il Soviet in data 24 agosto, lanciò un monito a Kerenski. Dopo qualche giorno di silenzio, il 27 agosto, intuendo che Kornilov stesse per attuare un colpo di mano reazionario lo sollevò dal suo incarico.

Le reazioni che seguirono furono enormi, Kerenski ne usciva malconcio nonostante avesse fermato il tentativo di golpe, tutti pensarono che vi fosse un accordo tra i militari che non andò a buon fine. La paura si diffuse e i bolscevichi ne approfittarono immediatamente. Infatti il pericolo reazionario provocò un impressionante processo di bolscevizzazione delle forze armate. La flotta del Baltico l’8 settembre, tre giorni dopo quello del Mar Nero riconobbero nel Soviet l’unico potere legittimo. Il 9 settembre, il Soviet di Pietrogrado faro della rivoluzione cambiò maggioranza, i bolscevichi con 519 voti contro 414 dello schieramento moderato, ne presero il possesso; Kornilov nel frattempo veniva arrestato e veniva conquistato anche il Soviet di Mosca con il 52% dei consensi.

Lenin torna nella capitale e in una riunione segretissima pianifica con 12 membri del partito, le direttive per organizzare l’insurrezione e per sabotare il parlamento. Stalin, Sverdlov e Trotsky lo appoggiano; Kamenev e Rykov come il solito sono contrari. Lo stesso Lenin , poi entra in polemica con Trotsky poichè quest’ ultimo voleva in un certo senso legalizzare la linea proposta da Lenin. Questi grazie all’appoggio di Stalin, Sverdlov e Dzerzinski riesce a imporre le proprie opinioni.

I fatti poi sembravano dar loro ragione: penuria cronica di pane e carbone; prezzi alle stelle; traffico ferroviario bloccato; la capitale che spesso rimaneva al buio e senza energia elettrica ed in più le truppe tedesche erano più che vicini. Zinoviev e Kamenev si dichiararono contrari alle questione insurrezionale, ma venendo messa ai voti questi furono sonoramente sconfitti. Quindi si mise in moto la macchina organizzativa ma il 16 ottobre i due deviazionisti non accettarono la sconfitta e in occasione di una riunione del Comitato Centrale, chiesero nuovamente di rimettere laquestione ai voti. Ancora una volta la loro mozione venne nuovamente battuta, ma questa volta con una maggioranza risicata.

Non contenti, il giorno seguente, fecero uscire un editoriale su un giornale menscevico, nel quale svelarono pubblicamente l’intenzione dei bolscevichi di attuare un putsch, ritenendolo sbagliato a priori. Lenin andò su tutte le furie dal suo nascondiglio segreto, il 18 ottobre Trotsky riuscì a negare davanti al Soviet, pur con mille contorsioni, che i bolscevichi avessero intenzione di rovesciare violentemente il governo.

Il 19 ottobre Lenin riunisce ancora il Comitato Centrale, in cui dette pubblicamente dei crumiri a Kamenev e a Zinoviev, chiedendone l’espulsione. Kamenev giocò d’anticipo rassegnando le proprie dimissioni. Stali pur appoggiando le posizioni sostenute da Lenin, espresse la propria contrarietà verso tale provvedimento ritenendolo così deleterio per il partito in quel determinato periodo, dato che questi aveva bisogno di unità e non di frazionamento. Nel frattempo Kerenski si era barricato all’interno del Palazzo d’Inverno era inviso sia alla destra che alla sinistra, continuando a rassicurare gli ambasciatori dell’Intesa che la situazione era sotto controllo. Ormai la situazione stava per volgere al suo epilogo, dal quartiere generale dello Smolny, un ex convitto per le filgie dell’aristocrazia, partitono le direttive per l’azione.

Trotsky si occupò del settore militare, Sverdlov di quello organizzativo e di far assicurare l’appoggio delle masse operaie; Stalin invece era responsabile della grande macchina collettiva del partito la Pravda. Compito particolarmente difficile in quanto doveva dispensare messaggi rivoluzionari senza svelare niente al governo provvisorio. Impegno che superò brillantemente come la storia ha dimostrato.

Il 23 ottobre Kerenski ordinò che la stampa bolscevica fosse vietata, che il comitato militare dei Soviet fosse deferito alla giustizia e soprattutto ordinò a reparti dellesercito a lui fedeli di trasfersi al più presto nella capitale.

All’alba del 24 ottobre, la sede del “Rabotskij Put” venne chiusa da alcuni ufficiali e vennero inoltre tagliate le linee telefoniche dello Smolny. Queste mosse tardive non sortirono alcun risultato, anzi fornirono il pretesto atteso da Trotsky per dare il via all’insurrezione. Allo Smolny fu un susseguirsi di riunioni, mentre affluivano sempre più delegati del II°Congresso panrusso, fissato per il giorno seguente. Il Comitato Centrale bolscevico stette riunito in permanenza, Lenin continuò a rimanere in clandestinità, Zinoniev si fece vedere poichè contrario all’insurrezione; Kamenev anche se contrario rimase fedele alla disciplina di partito e fece la sua comparsa.

Stalin, in quel fatidico giorno, non fu presente allo Smolny poichè era sempre al giornale, in parte devastato dagli junker e per ottemperare al compito di diffondere delle possibili e importanti notizie. Il Comitato Rivoluzionario di cui Stalin è membro, non si riunì in quanto doppione di quello militare facente capo a Trotsky. L’assenza di Stalin in quelle importantissime fece si che non venne menzionato dai cronisti dell’epoca.

Kerenski giocò le sue ultime carte, si presentò nella sede del governo per ottenere dai menscevichi e dai socialrivoluzionari il permesso ad agire contro i bolscevichi. Terminato il suo discorso abbandonò il palazzo del governo per recarsi nella sede dello stato maggiore dove attese notizie circa l’arrivo di truppe a lui fedeli.

Ma i menscevichi e i socialrivoluzionari non avrebbero concesso l’autorizzazione a procedere, se prima Kerenski non avesse dato loro delle precise contropartite: la consegna della terra dei latifondisti ai comitati agrari e un piano per ottenere l’avvio delle trattative di pace.

Il 25 ottobre la capitale era in mano ai bolscevichi, che combattevano solamente attorno al Palazzo d’Inverno; l’incrociatore Aurora sparerà dei colpi di cannoni su ciò che rimaneva del governo.

Intanto si aprì il Congresso dei Soviet, i bolscevichi vennero subito accusati da Martov di stare attuando un colpo di stato, Trotsky subito lo interruppe esclamando che quello non era un golpe ma una sollevazione popolare. Alle 2.10 i membri del governo provvisorio asserragliati dentro il Palazzo d’Inverno vennero arrestati. Il 26 ottobre venne sancito il trionfo della sollevazione proletaria al Congresso dei Soviet, anche perchè i menscevichi e i socialrivoluzionari (tranne quelli di sinistra) abbandonarono l’aula. Lenin a questo punto fece la sua comparsa facendo esplodere la sala.
Kamenev venne dichiarato presidente del Comitato Esecutivo del Soviet (VCIK); ovvero capo dello stato; La presidenza del governo venne affidata a Lenin.

I ministri vennero chiamati Commissari del Popolo, saranno Trotsky agli Esteri, Rykov agli Interni, Miljutin all’Agricoltura, Lunaciarski all’Istruzione e Stalin alle Nazionalità
Sulla «Pravda», che l’insurrezione vittoriosa ha fatto ritornare alla luce, è scritto nel primo editoriale del nuovo corso: «Vogliono che assumiamo il potere da soli per costringerci ad affrontare da soli le terribili difficoltà che stanno di fronte al paese… Ebbene, assumiamo il potere da soli, basandoci sulla volontà del paese e contando sull’aiuto del proletariato europeo. Ma, assunto il potere, avremo la mano di ferro con i nemici della rivoluzione e con coloro che la sabotano. Hanno sognato la dittatura dei Kornilov, daremo loro la dittatura del proletariato».
Tutto questo per dimostrare ai falsi comunisti e agli schiavi del capitale il ruolo attivo e fondamentale che ricoprì il compagno Stalin nella Rivoluzione d’Ottobre, dato che i suoi detrattori sono sempre pronti nello scrivere menzogne puramente inventate sul suo conto e non a scrivere dei suoi evidenti meriti.

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