
Così Stalin parla al suo popolo. Come si vede, i suoi discorsi sono poco sgargianti e un pò ingenui; ma a Mosca bisogna parlare chiaro e forte per essere intesi fino a Vladivostok. Stalin parla quindi chiaro e forte e tutti lo capiscono, tutti se ne compiacciono ed i suoi discorsi rappresentano l’intesa fra il popolo che li sente e l’uomo che li pronuncia. Del resto Stalin è molto riservato, al contrario di molti altri governanti. Non si è attribuito nessun titolo altisonante e si chiama semplicemente “segretario del Comitato centrale”.
Si mostra in pubblico soltanto quando è strettamente necessario; non intervenne, ad esempio, alle grandi dimostrazioni che ebbero luogo a Mosca sulla Piazza Rossa, per festeggiare la nuova Costituzione che porta il suo nome. Quasi nulla trapela in pubblico della sua vita privata. Si raccontano centinaia di aneddoti su di lui, come gli sta a cuore la vita di ogni singolo, come ha inviato un velivolo carico di medicinali nell’Asia centrale per salvare un bambino che altrimenti sarebbe morto, oppure come ad uno scrittore troppo modesto ha assegnato, quasi con la forza, un’abitazione decente e spaziosa. Ma simili aneddoti vanno solo di bocca in bocca e soltanto in casi eccezionali ad un giornale è permesso pubblicarli. Della vita privata di Stalin, della sua famiglia e delle sue abitudini non si sa quasi nulla di sicuro.
Egli ha proibito il festeggiamento del suo compleanno. Se gli viene reso omaggio, deve essere attribuito esclusivamente alla sua politica e non alla sua persona. Quando il Congresso votò la promulgazione della Costituzione da lui proposta e definitivamente redatta e gli fece un entusiastica ovazione, egli pure applaudì dimostrando cosi che non attribuiva l’omaggio alla sua persona, ma unicamente quale riconoscimento della sua politica.
E’ noto che a Stalin non piace la deificazione di cui è oggetto ed ogni tanto la mette in ridicolo. Si racconta che ad una colazione intima, data il capo d’anno ad una piccola cerchia d’amici, egli alzò il suo bicchiere e disse: “Bevo alla salute dell’incomparabile capo dei popoli, del grande e geniale compagno Stalin. Ecco, miei cari, questo è l’ultimo brindisi che in quest’anno mi viene fatto.”
Di tutti gli uomini potenti che ho conosciuti, Stalin è il più semplice. Parlai con lui francamente del culto smisurato e privo di gusto dedicato alla sua persona ed egli rispose altrettanto francamente. Mi disse che gli dispiaceva dover perdere tanto tempo per i suoi doveri rappresentativi. Ciò può essere facilmente creduto; perché Stalin, come mi è stato dimostrato con molti esempi documentati, è incredibilmente attivo ed egli si occupa di ogni particolare, di modo che non gli resta effettivamente tempo per le cortesie e gli omaggi superflui. Su cento telegrammi di omaggio che gli pervengono, fa rispondere in media ad uno. Personalmente è molto positivo, fin quasi alla scortesia e gli piace che il suo interlocutore sia altrettanto positivo. Egli scrolla le spalle sulla mancanza di gusto dell’esagerata adorazione della sua persona. Scusa i suoi contadini ed operai che avrebbero avuto troppo da fare per poter occuparsi anche del gusto e scherza sulle centomila immagini enormemente ingrandite di un uomo con baffi che nelle dimostrazioni passano sotto i suoi occhi.
Gli faccio notare che uomini di indubbio cattivo gusto pongono statue e busti di Stalin anche dove proprio non ci vorrebbero, ad esempio alla esposizione di Rembrandt. Allora diventa serio. Egli sospetta che dietro simili esagerazioni stia lo zelo dì uomini che si siano convertiti tardi al regime ed ora tentino di dimostrare la loro fedeltà con aumentata intensità. Anzi, egli ritiene possibile che dietro ad essa sia nascosta l’intenzione di sabotatori e che in tal modo cerchino di screditarlo. “Un pazzo servile” dice irritato, “produce più danno di cento nemici.” Se tollera tutto quel fracasso, dichiara egli, lo fa perché sa quanta ingenua gioia il baccano festivo procura a coloro che lo hanno preparato e che non è dedicato alla sua persona, ma al rappresentante del principio che la ricostruzione dell’economia socialista nell’Unione Sovietica è più importante della rivoluzione permanente.
I comitati del partito di Mosca e di Leningrado hanno nel frattempo preso decisioni con le quali viene giudicata severamente “la falsa pratica di omaggi superflui e privi di buon senso ai dirigenti del partito” e dai giornali sono scomparsi gli esagerati telegrammi d’omaggio. Tutto considerato, non si può trascurare con una scrollata di spalle la nuova Costituzione democratica che Stalin ha dato all’Unione Sovietica. Se i mezzi impiegati da lui e dai suoi collaboratori possono esser sembrati spesso equivoci l’astuzia era per la loro lotta altrettanto indispensabile quanto il coraggio, Stalin è sincero quando, come sua meta finale, indica la realizzazione della democrazia socialista.