
Il 26 dicembre 1991 Sergei Krikalev scoprì insieme a milioni di propri connazionali che lo stato in cui era nato non esisteva più. A differenza di tutti gli altri, la notizia della dissoluzione dell’Unione Sovietica lo raggiunse mentre si trovava lontano dalla Terra, in orbita sulla stazione spaziale MIR, il più importante avamposto orbitale dell’epoca fatto costruire proprio dal governo sovietico.
Krikalev aveva iniziato la propria carriera da cosmonauta nella seconda metà degli anni Ottanta quando la cosiddetta “corsa allo Spazio” tra Stati Uniti e Unione Sovietica sembrava essersi ormai esaurita. I sovietici avevano eccelso subito nel secondo dopoguerra, portando in orbita il primo satellite, il primo essere vivente(ila cagnolina Laika), il primo essere umano, ma avevano poi perso via via terreno nei confronti degli statunitensi, con le loro missioni lunari del programma Apollo.
La MIR (che in russo significa sia “mondo” sia “pace”) era probabilmente il risultato più importante della tecnologia spaziale sovietica. La sua costruzione in orbita era iniziata nel 1986 e avrebbe richiesto una decina di anni per essere completata. L’idea era di avere una base orbitale dove si potessero effettuare esperimenti e verificare gli effetti della vita nello Spazio sugli equipaggi, anche nel corso di missioni di lunga durata.
Krikalev aveva raggiunto per la prima volta la MIR nel 1988 ed era rimasto a bordo della stazione per cinque mesi circa, il tempo massimo previsto dall’addestramento. Tre anni dopo, il 19 maggio 1991, era partito per una nuova missione che sarebbe diventata la più lunga e memorabile della sua vita.
Il golpe fu per noi inaspettato. Non capivamo cosa stesse accadendo. E quando discutevamo dell’accaduto tra di noi, cercavamo di realizzare come tutto questo avrebbe influito sul settore spaziale
A poco meno di un mese dal suo arrivo in orbita, Krikalev ebbe notizia di un nuovo segno di sfaldamento dell’Unione Sovietica. Oltre alle prime elezioni presidenziali della Russia, nella città dove era nato, Leningrado, era stato indetto un referendum per adottare nuovamente il nome San Pietroburgo. La decisione era stata approvata e a settembre la città aveva assunto il proprio antico nome, dopo essere stata Leningrado dal 1924 e prima ancora Pietrogrado.
A guardare la Terra da 400 chilometri di distanza, a Krikalev non doveva apparire così drastico il cambiamento: la Russia e gli altri territori erano uguali a prima. Del resto dallo Spazio non si vedono i confini, ma col passare dei giorni nell’autunno si iniziò a capire che i problemi economici e di stabilità politica sul pianeta avrebbero interessato anche gli equipaggi della MIR.
Durante quella fase tumultuosa la stazione spaziale doveva essere presidiata e a Krikalev fu chiesto di estendere la propria permanenza a bordo, perché era l’unico dei quattro sulla stazione in quel momento ad avere ricevuto una preparazione adeguata per missioni orbitali di lunga durata.
Totkar Aubakirov, un cosmonauta russo, e il primo astronauta austriaco, Franz Viehböck, lasciarono la MIR e tornarono sulla Terra a inizio ottobre del 1991, lasciandosi alle spalle Krikalev e il suo collega Alexander Volkov, che aveva raggiunto la stazione spaziale in una missione successiva rispetto a quella di Krikalev quando ormai informalmente l’URSS era già finita.
Dopo la formazione della Comunità degli stati indipendenti, il 26 dicembre 1991 l’Unione Sovietica fu infine sciolta formalmente e il primo gennaio del 1992 la Russia ufficializzò la propria indipendenza, segnando la fine vera e propria dell’URSS e di tutte le sue principali attività, compreso il programma spaziale di cui facevano parte Krikalev e Volkov. I due cosmonauti non erano più sovietici, ma non sapevano come e quando sarebbe finita la loro missione spaziale. I giorni intanto passavano e Krikalev aveva ormai trascorso circa otto mesi in orbita, rispetto ai cinque inizialmente previsti
Krikalev e Volkov sarebbero potuti tornare sulla Terra utilizzando una capsula spaziale Soyuz attraccata alla MIR, ma questo avrebbe comportato abbandonare la stazione e lasciarla sguarnita senza equipaggio, compromettendone con ogni probabilità il futuro. Trascorsero ancora diversi mesi prima che la Russia trovasse risorse e capacità per riattivare i viaggi verso e dalla MIR.

Alla fine di marzo del 1992, dopo 311 giorni in orbita, Krikalev poté infine tornare sulla Terra insieme a Volkov, lasciando il posto a un nuovo equipaggio. Una volta rientrato, fu insignito del più alto titolo onorifico concesso dalla Russia, quello di “Eroe della Federazione Russa”, per non avere abbandonato la MIR. Krikalev tornò nello Spazio per altre missioni e fu anche il primo russo a entrare nella Stazione Spaziale Internazionale.
Ci chiedevo spesso se avrei avuto la forza di sopravvivere per completare il programma. E non di rado dubitavo
Vincent J. Schodolski del Chicago Tribune raccontò così il ritorno a case del compagno Krikalev
26 marzo 1992
Dieci mesi dopo essere schizzato nello spazio da un paese chiamato Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, l’ingegnere di volo Krikalev è tornato finalmente sulla Terra mercoledì. È atterrato nelle sterili steppe di un luogo chiamata il Commonwealth degli Stati Indipendenti, un luogo che nessuno sulla Terra – o persino nei cieli – aveva mai sognato al suo decollo.
Krikalev, la cui manica uniforme portava ancora le lettere ” URSS ” e la bandiera rossa sovietica, ha ricevuto dei sali e appariva un po’ stordito mentre si adeguava alla gravità dopo 313 giorni nello spazio, sebbene un servizio televisivo ha affermato in seguito che si sentiva “meravigliosamente.”
Il cosmonauta di 33 anni la cui missione di cinque mesi si è trasformata in una maratona di 10 mesi perché il governo non poteva permettersi di lanciare una nave per riportarlo indietro, lo sfortunato viaggiatore galattico che è stato soprannominato “la vittima dello spazio” dalla stampa, la persona che non riusciva nemmeno ad avere un po’ di miele, è finalmente a casa.
Casa?
Quando se ne andò, Mikhail Gorbachev era al comando. Ora che è tornato, non è del tutto chiaro chi gestisce gli affari. Quando Krikalev se ne è andato, lui e Volkov erano cittadini dello stesso paese. Mentre erano via, Volkov divenne uno straniero, mentre la sua nativa Ucraina emergeva come nazione indipendente. Quando ha dato il bacio d’addio alla moglie e alla figlia di 2 anni, quasi un anno fa, Krikalev era a casa in una città chiamata Leningrado. La sua casa è ancora lì, ma ora è a San Pietroburgo. Quando se ne andò, c’era ancora un Partito Comunista Sovietico. Non più. C’era un giornale chiamato Pravda. Ha chiuso i battenti. Quando decollò, 30 dei rubli guadagnati avrebbero comprato un dollaro. Adesso ce ne vogliono 120. Quando se ne andò, lo stipendio mensile di 600 rubli di Krikalev era buono, come si addice a uno scienziato altamente qualificato. Ora un autista di autobus guadagna più del doppio.
E questa è solo una parte.
Il potente programma spaziale sovietico a cui Krikalev ha dedicato la sua vita è in crisi. I funzionari incaricati di mantenere il programma spaziale solvente, cercando modi per raccogliere fondi, hanno avuto l’idea di vendere le stazioni Mir e la tecnologia per costruirle ad altri Paesi. Ma il messaggio fu confuso mentre viaggiava fino a Krikalev e Volkov. Pensarono significasse che la loro nave era in vendita e la coppia dovette essere rapidamente rassicurata che non erano all’asta. Krikalev ha incontrato uno dei segni del successo degli uomini di bilancio nella persona di Klaus-Dietrich Flade, un cosmonauta tedesco che ha volato a bordo della nave che alla fine ha salvato Krikalev. Il governo tedesco ha pagato $24 milioni per il suo biglietto.
In tutto questo, Krikalev è apparso stoico, a volte quasi divertito da tutto il clamore in basso. La scorsa settimana, un radioamatore australiano ha contattato la stazione Mir e l’Australian Associated Press ha chiesto a Krikalev come avrebbe pianificato di adattarsi dopo il rientro.
“Per capire tutto e abituarsi ad esso, è necessario tornare e tuffarsi nella vita”, ha detto.
Giorni prima di fare quel grande tuffo, Krikalev ha fatto sembrare tutto semplice durante una conferenza stampa trasmessa dal Mir ” Ho vissuto sul territorio della Russia mentre le repubbliche erano unite nell’Unione Sovietica”, ha detto stoicamente pochi giorni fa. ”Ora torno in Russia, che è unita nel Commonwealth degli Stati Indipendenti. Il cambiamento non è così drastico.
Ancora oggi Krikalev lavora per il programma spaziale russo e fu tra i sostenitori della necessità di salvare la MIR, quando circolarono le prime proposte di abbandonarla perché ormai datata e troppo costosa da mantenere. La stazione fu abbandonata e fatta distruggere nell’atmosfera con un rientro controllato sopra l’oceano Pacifico meridionale il 23 marzo 2001. Fu l’ultimo occupante sovietico della MIR e il primo russo ad abbandonarla.