Christian De Sica: Io ho un parente assassino, si chiamava Ramon Mercader. Mia madre si chiama Maria Mercader è catalana. A Ramon Mercader, Stalin gli disse vai a Città del Messico e ammazza Trotsky, queato è partito con un piccone e gli l’ha dato in testa. L’assassino di Trotsky era mio zio!

Ramón Mercader , nome completo Jaime Ramón Mercader del Río Hernández (Barcellona, 7 febbraio 1914 – L’Avana, 18 ottobre 1978) è stato un agente segreto spagnolo operante nel NKVD durante il governo di Josif Stalin nell’URSS.

Ramon Mercader, l’uomo che uccise Lev Trotsky spaccandogli il cranio con una picconata il 20 agosto 1940. Il  pretesto per la consultazione di un documento porta Mercader a casa Trotsky, nel suo ufficio. Fuori ci sono le due guardie del corpo, sicure dell’innocenza dell’ospite. Sguardi brevi e testa bassa. Dopo qualche chiacchiera i due si mettono a scrutare il documento, e mentre Trotky sembra sempre più assorto dalla lettura, Ramon sta già tastando con una mano il rompighiaccio dietro di loro. Un respiro e via, colpo alla nuca e grida profonde. La ferita alla testa non è immediatamente mortale ma permette al sangue un tarantiniano zampillare su tutta la scrivania. Ramon fa per andare verso la finestra mentre le guardie entrano e lo afferrano: Trotsky morirà qualche ora dopo in ospedale per insufficienza di sangue.

Conosciuto dalla polizia messicana come Jacques Mornard o Frank Jackson, è condannato il 25 giugno 1944 a vent’anni di carcere, il massimo della pena consentito dalle leggi messicane. I sovietici gli procurano l’avvocato Eduardo Cincieros, uno dei più valenti legali del Messico, e in carcere non gli fanno mancare nulla. Tutti i giorni riceve la visita di una giovane donna, Roquelia, che in seguito diventerà sua moglie, ma che ora è semplicemente un agente dell’Nkvd.

Il primo a riconoscerlo è il fotografo spagnolo Agustin Puertolas che lo ha incontrato in Spagna durante la guerra civile, poi sarà la volta dello scrittore Julian Gorkin e tanti altri suoi ex compagni nella guerra di Spagna. Liberato il 6 maggio 1960, all’uscita dal carcere trova ad aspettarlo dei diplomatici cecoslovacchi che gli consegnano un passaporto con il quale lascia immediatamente il Messico. Poi via Cuba raggiungerà Mosca.

In Unione Sovietica la sua famiglia di rivoluzionari non verrà mai dimenticata, onoreranno la madre Maria de La Caridad del Rio Hernandez, già combattente dell’esercito repubblicano spagnolo, con l’Ordine di Lenin. Figlia del governatore spagnolo di Santiago di Cuba, bella, volitiva e dal carattere avventuroso, aveva sposato, nel 1911, l’industriale di tessuti Pablo Mercader dal quale aveva avuto cinque figli: Luis, combattente nell’Armata Rossa e professore emerito alla scuola tecnica superiore di ingegneria a Madrid, Jorge, membro dell’Nkvd, Pablo, morto in battaglia durante la guerra civile, Montserrat, segretaria del comunista francese e combattente in Spagna André Marty, noto anche come il macellaio di Albacete e appunto Ramòn.

L’Urss gli sarà per sempre riconoscente. Ramòn sarà decorato con l’ordine di Eroe dell’Unione Sovietica e morirà di vecchiaia il 10 ottobre 1978 a Cuba. Le sue ceneri sono state successivamente trasferite a Mosca, nel cimitero di Kuntsevo, accanto alla dacia di Stalin. Nel giugno del 1987 il Kgb ha disposto sulla sua tomba una lastra con questa iscrizione: “All’eroe dell’Unione Sovietica Ramon Ivanovich Lopez” (quello era il suo nome in russo). Lo stesso nome è scolpito a lettere d’oro nel Monumento agli Eroi del Socialismo, all’ingresso d’onore del KGB.

Fonti:

L’assassino di Trotsky e i fantasmi della storia

L’assassinio di Trotzkij

Quando De Sica uccise Trotsky

“Mio zio? Non ci crederete, ma fu un assassino!” – Christian De Sica