Se a Roma chiedi il nome di un sindaco, tutti risponderanno: il comunista Luigi Petroselli!

Luigi Petroselli, fu eletto sindaco di Roma il 27 settembre 1979. La sua elezione non fu semplicemente l’assegnazione di un mandato ma fu una fotografia dello spaccato sociale della città. Con la sua vittoria, infatti, il Partito Comunista Italiano divenne la prima forza della città con un’ampia maggioranza di consensi, dopo una lunga stagione di lotta iniziata alla fine degli anni sessanta. Tutta la sua campagna elettorale fu incentrata sugli ultimi, sulle periferie romane, sulla disgregazione della collettività, sul colmare quel divario enorme che si era creato tra una Roma bene e una Roma povera.

La città uscì dalla Seconda Guerra Mondiale profondamente ferita e la ricostruzione fu graduale e a macchia di leopardo. Poi, durante il boom economico si verificò l’esplosione dell’abusivismo e la città si espanse a dismisura senza una reale visione urbanistica. La popolazione iniziò a crescere e a disperdersi in periferie immense, aree verdi ricoperte di cemento e calcestruzzo ma prive dei servizi essenziali, come le forniture fognarie e idriche. Senza una prospettiva di crescita moderna questi quartieri furono abbandonati a loro stessi e nel giro di pochi anni caddero drasticamente nel disagio e nel degrado.

La sinistra iniziò, dunque, a lavorare in quest’altra Roma, ascoltando i cittadini, gli operai, lontana dalle distrazioni del centro e della borghesia. Si cercò di dare risposte adeguate ai malumori e alla diversità che veniva percepita dalla popolazione. Difatti, come ricordava spesso Pasolini, gli abitanti delle periferie quando si recavano al centro usavano dire “andiamo a Roma”, nel rimarcare quel sentirsi forestieri più che residenti.

Tutto questo agli occhi di Petroselli non era più ammissibile. La sua amministrazione decise che la nuova Roma sarebbe dovuta partire dal riscatto delle periferie, dagli ultimi per approdare al centro, raccogliendo così le istanze di ottocento mila cittadini.

I primi interventi furono appunto rivolti ai servizi, acqua, luce e fogne, erano diritti non procrastinabili. Successivamente si diede il via a un massiccio piano di edilizia pubblica, per aiutare gli “sfollati e i baraccati”.

L’edilizia si sarebbe dovuta raccordare con i piani dell’amministrazione in modo da evitare la nascita di nuovi quartieri poveri e abbandonati. Per coordinarsi al meglio furono creati due nuovi assessorati, uno riguardante solo il centro storico, l’altro le borgate, con un ufficio speciale e trasparente sulla “questione casa”. Giovani universitari vennero impiegati nel territorio per condurre delle indagini conoscitive sui bisogni delle persone. Seguì poi l’edilizia scolastica, la cura del verde pubblico, e infine si intervenne nel tessuto culturale.

Il centro storico sarebbe dovuto diventare il salotto delle periferie, iniziarono gli spettacoli all’aperto, il cinema di piazza, mostre gratuite, i teatri presero nuovo vigore, il rifacimento dei fori imperiali, con l’interdizione al traffico nelle domeniche, da piazza Venezia fino al Colosseo, permise una grande affluenza di persone, fu inaugurata l’Estate Romana con un altro grande visionario come Renato Nicolini, si inventò, persuaso da Antonio Cederna, l’idea di mettere la Storia al posto delle automobili con un parco archeologico grande e frequentato, si iniziò a pianificare un intervento nel litorale di Ostia. Il mercato del turismo non era il centro della politica capitolina, i romani dovevano vivere a pieno la propria città, scoprirla e amarla:

“Si può governare Roma solo se la si ama”

Demolì i luoghi dove le persone si lavavano ancora nelle bagnarole; innescò l’intervento di Tor Bella Monaca, che nella meta iniziale doveva essere un esempio di ”città moderna” (anche per eliminare quella piaga dell’abusivismo che si ridimensionò solo in parte e che esplose più tardi grazie ai condoni sopraggiunti dal 1985 in poi). E si badi bene: Roma in quegli anni aveva un’emergenza casa che coinvolgeva circa 600mila cittadini che vivevano in borgate fatiscenti.

Tra il 1980 e il 1983 si realizzarono 3.759 alloggi comunali e 1.066 alloggi da parte dell’Iacp, 791 alloggi per le famiglie sfrattate acquisiti sul mercato privato. Per la prima volta a Roma, dai tempi del “Piano Ina Case”, la cabina di regia edilizia, grazie anche a un quadro legislativo che aveva modificato ed integrato delle norme, non andò più nelle mani degli speculatori, ma in quelle delle istituzioni.

La riqualificazione delle periferie passò per la creazione di acquedotti, fognature (mille chilometri), l’illuminazione pubblica, le strade asfaltate, i centri sociali per gli anziani (ben 43), i parchi giochi, i parchi pubblici, le biblioteche di quartiere (283), le scuole elementari, gli asili nido. E’ questa stagione che porta alla città ben 33 parchi urbani e più in là la salvaguardia dell’Appia Antica, della Caffarella, di Villa Torlonia, Villa Lazzaroni, Villa Bonelli. 500 furono gli ettari sottratti alla speculazione, trasformati in luoghi di aggregazione sociale.

Così, Petroselli lanciò Roma in una nuova fase della sua storia, quella che alcuni definirono moderna. I cittadini capirono che colmare quel vuoto sociale fu un trionfo per tutta la collettività, vi fu una grande stima nei suoi confronti, spesso lo aspettavano fuori dal Campidoglio anche solo per un saluto, alcuni venivano accolti nel suo ufficio, venivano scambiate opinioni e battute in quello che il sindaco stesso definiva il “sogno” della città da realizzare.

“Stiamo realizzando un sogno… una città che riesce a strappare, a conquistare spazi di umanità, spazi di verità, spazi di nuovi rapporti sociali”

Purtroppo, a un anno e mezzo dall’inizio del suo mandato, il 7 ottobre 1981 fu stroncato da un malore improvviso. Idee, ipotesi, visioni, intenzioni incompiute. Con il decesso di Petroselli morì anche il suo progetto per Roma. Avveniristico, totalmente visionario. Dopo qualche anno infatti, molta di quella spinta propulsiva si esaurì in un costante decadimento che ha coinvolto progressivamente la qualità della classe politica e amministrativa.

Petroselli, per tutto questo, resta inimitabile. Può essere però ancora un riferimento, in una città che non riesce più ad uscire, malgrado gli sforzi e i tentativi nel corso degli anni, dai suoi problemi endemici.

Luigi Petroselli: un sogno chiamato Roma!

Luigi Petroselli, il sindaco che sognava una roma bellissima