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L’antisemitismo avvantaggia gli sfruttatori in quanto, come un parafulmine, devia i colpi rivolti dai lavoratori al capitalismo. L’antisemitismo è pericoloso per i lavoratori, perché è una falsa pista che li allontana dalla strada giusta e li conduce nella giungla.
I Comunisti, in quanto internazionalisti coerenti, non possono non essere nemici inconciliabili e aspri dell’antisemitismo. Nell’Unione Sovietica, l’antisemitismo è severamente perseguito come un fenomeno ostile al sistema sovietico. Secondo le leggi dell’URSS, gli antisemiti attivi sono puniti con la morte.
(I. Stalin, Replica ad un’accusa da parte dell’Agenzia Ebraica negli Usa)

L’Unione Sovieitca ha assimilato la maggior parte dei suoi cinque milioni di ebrei, ha messo a disposizione un vasto territorio autonomo ed i mezzi per la colonizzazione, in questo modo sono nati milioni di cittadini attivi e intelligenti.

Nell’Unione Sovietica incontrai molti ebrei e, poiché la questione mi interessa, parlai molto con loro. Il ritmo straordinario del processo di produzione ha bisogno di uomini, mani e cervelli; gli ebrei si lasciarono volontariamente inquadrare in questo processo e ciò favori l’assimilazione che è progredita più che altrove.

E’ accaduto che degli ebrei mi dicessero: “Da molti anni non penso al fatto di essere Ebreo; soltanto le vostre domande me lo ricordano”.

Commovente è l’unanimità con la quale gli ebrei che incontrai dimostrarono di essere d’accordo con il nuovo Stato. Prima erano disprezzati, perseguitati, gente senza professione la cui vita era priva di senso; ora sono contadini, operai, intellettuali, soldati e sono riconoscenti per il nuovo ordine.

Straordinaria è l’avidità con la quale gli ebrei, per tanto tempo tenuti lontani dall’economia agricola, si gettarono su questa nuova professione.

Spesso vennero da me ebrei delegati di enti collettivi economici per invitarmi a visitare le loro colonie.

Era molto interessante sentire quello che mi raccontavano su questi kolkos i contadini sovietici non ebrei, originariamente erano prevenuti sugli ebrei e non li ritenevano adatti ai lavori agricoli, ora sorridono bonariamente al ricordo dì questo loro pregiudizio.

Mi è stato riferito su grandi e pacifiche scommesse fatte fra colonie ebraiche e non ebraiche nell’Ucraina, in Crimea, nel bacino del Don.

Non minore è la passione con la quale gli ebrei, tenuti lontani per secoli dall’istruzione e dalla scienza, si sono gettati ora su questi due rami. Mi venne raccontato che nei villaggi ebraici esiste una strana deficienza di uomini e donne fra i quindici e trent’anni. Questo perché tutta la gioventù ebraica si reca in città a studiare.

Se lo sviluppo economico favorisce da un lato l’ assimilazione degli ebrei sovietici, l’Unione ha d’altra parte liquidato la tesi “della dannosa illusione di un popolo ebraico” ed ha dato la possibilità ai suoi ebrei di conservare la loro nazionalità.

Il nazionalismo degli ebrei sovietici si distingue per un certo pacato entusiasmo. Come sia poco romantico, pratico ed audace risulta da due fatti.

In primo luogo non riconoscono come lingua propria l’ebraico, nobile e tradizionale, ma poco utile, bensì il jiddish formatosi nella vita quotidiana e costituito da elementi eterogenei, che viene però usato da cinque milioni di individui come lingua di comunicazione.

Ed in secondo luogo il territorio offerto agli ebrei per la fondazione del loro Stato nazionale ed in cui essi si sono fissati è lontano e difficile, ma ricco di illimitate possibilità.

Come tutte le lingue nazionali, il jiddish viene curato amorevolmente nell’Unione. Ci sono scuole e giornali in questa lingua, esiste una letteratura e si tengono congressi per la tutela del jiddish e gli spettacoli in questa lingua godono della massima considerazione.

Nel teatro statale di Mosca ho vista un ottima esecuzione in jiddish di Re Lear con il grande attore Miehoels nella parte principale e con l’eccellente buffo Suskins,con magnifiche scene nuove ed ottimamente interpretato.

La fondazione dello Stato nazionale ebraico nel Birobidzian urtò dapprima contro difficoltà insormontabili ed il progetto fu considerato dai nemici dell’Unione e non soltanto da essi, un’impresa altrettanto disperata quanto la ricostruzione dell’economia socialista.

I mezzi finanziari inadeguati resero più difficile l’esecuzione del progetto, molti dei colonizzatori ritornarono e già i nemici dichiaravano trionfanti che il piano era un’utopia, naufragato per la lontananza del territorio, per la conformazione geologica del terreno, per la piaga delle zanzare e per la malaria, e ragione non ultima per la scarsa capacità a fare il pioniere degli ebrei russi degenerati delle piccole città.

Ebbene, ora nel territorio del Birobidzian c’è una città, con scuole, ospedali, edifici pubblici ed un teatro e vi si può arrivare da Mosca in carrozza diretta. Sebbene il piano preveda l’immigrazione di oltre centomila ebrei nei prossimi tre anni, le autorità devono vagliare severamente, tante sono le domande di immigrazione.

Ho ricevuto molte lettere dal Bìrobidzìan ed ho parlato con molte persone che venivano direttamente. Nessuno nega che la vita vi sia ancona dura. Ma anche nessuno nega più che il più difficile sia stato fatto e che l’utopia sia diventata realtà.

La Repubblica Socialista Ebraica esiste!!

Fonte: Capitolo 5, Nazionalismo e Internazionalismo del libro Mosca 1937 di Lion Feuchtwanger